Reed Young

Reed Young: Human Society Collection

Fondazione Efesto Ente del terzo settore per la cultura inclusiva, in occasione dell’apertura della nuova sede, ha ospitato dal 1 marzo al 23 marzo 2024 la personale HUMAN SOCIETY COLLECTION di Reed Young. Dal 6 giugno al 11 dicembre 2024 esposta presso la Headquarter di Pianca Spa a Gaiarine.

Reed Young, artista fotografo statunitense, a 16 anni inizia a scattare le sue prime fotografie.
La sua è un’indagine socio politica, climatica e psicologica. Le sue immagini rappresentano fondamentalmente la condizione umana: una esplorazione dell’ uomo e un dialogo continuo tra questo e i luoghi che abita, come piani di un condominio universale.
In “Human Society Collection” Reed Young racconta due diverse situazioni:
Las Pajas. Gli abitanti di Las Pajas, nella Repubblica Dominicana vivono in capanne arrangiate prive d’acqua corrente, non hanno accesso al servizio sanitario né all’istruzione. Ma si dicono felici: si sono lasciati alle spalle la miseria ancor più nera di Haiti, hanno potuto conquistarsi un cavallo o un mestiere precario e tanto basta a fare la differenza nella percezione del proprio benessere.
Harlem. E’ un posto incredibile entrato nell’immaginario collettivo di tutti. Reed Young ne dà una propria visione, mostrandone i cambiamenti e rappresentandone la cultura attraverso un’indagine antropologica.
Reed Young ha accettato di esporre le proprie opere nella nostra sede, su invito della Art Director di Efesto, Maura Buosi Celant, per raccogliere fondi a sostegno dei progetti di Fondazione Efesto. Il giorno 11 dicembre 2024 alle ore 18.30, si terrà l’asta solidale delle sue opere.

Chi è Reed Young

“Dopo essermi diplomato al liceo, mi sono iscritto alla scuola di fotografia nel disperato tentativo di andare al college. Sapevo a malapena come usare una macchina fotografica, ma non ero stato un bravo studente in un ambiente di apprendimento tradizionale e volevo trovare un modo per incanalare le mie curiosità.
Non sono diventato uno studente molto migliore, ma ho iniziato ad amare la fotografia. Mi ha permesso di essere un osservatore, uscire e parlare con persone di diversi ceti sociali e porre molte domande.
Un anno dopo aver finito la scuola di fotografia, ho ricevuto una borsa di studio di un anno presso Fabrica, un centro di ricerca sulla comunicazione nel nord Italia. Mi sono trasferito nel piccolo paese di Treviso e ho lavorato con artisti da tutto il mondo. È stato allora che ho iniziato a intervistare i miei soggetti e ho notato che, a differenza di molti dei miei colleghi, ero interessato al processo di intervista e alla scrittura tanto quanto lo ero alle fotografie. Ho visto ogni componente come una parte essenziale del ritratto. Sebbene non avessi alcuna formazione formale sui colloqui, sono diventato più bravo a convincere le persone ad aprirsi e ho iniziato a sentire che questo rendeva il lavoro più forte e più completo.

Dopo Fabrica, ho iniziato la mia carriera di fotografo in Italia, affascinato dalle piccole comunità e gruppi di persone uniti da un semplice filo comune. Per il mio primo progetto personale, mi sono recato in un villaggio della Repubblica Dominicana popolato interamente da lavoratori migranti della canna da zucchero provenienti da Haiti. Ho scattato 14 ritratti e ho intervistato ciascun soggetto per includere una didascalia che fornisse uno spaccato delle loro vite. La storia è stata venduta subito a una rivista per la quale avevo sempre sognato di lavorare. Non ero pagato abbastanza per coprire le spese che avevo sostenuto, ma è stata un’esperienza profondamente soddisfacente che è diventata l’inizio di qualcosa di cruciale per il mio sviluppo come fotografo. Mi sono reso conto che potevo conoscere la vita delle persone semplicemente chiedendo loro: il mondo è diventato allo stesso tempo più grande e più piccolo.
Da allora il mio lavoro mi ha portato in tutto il mondo. Ho realizzato una storia sui doppiatori romani che doppiano in italiano film popolari di Hollywood. Sono andato in una città dell’Alaska dove quasi tutti vivono in un unico edificio di 14 piani. Ho rintracciato 16 persone in Vietnam 45 anni dopo che un soldato americano aveva scattato loro una foto in un villaggio fuori Saigon. Ho trascorso tre settimane a Tokyo raccontando una storia sui lottatori di sumo in pensione. Il mio lavoro è stato pubblicato su National Geographic, The New Yorker, The New York Times, TIME magazine, NPR, Wired e The Guardian.”

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